Eva extra-virgo, da Gislebertus

Nuota come si nuota ancora quando, sdraiati, restiamo immersi in un sonno o in un pensiero che non scivola via lentamente. Il primo nudo femminile della scultura cristiana ornava un portale laterale della cattedrale di Autun, in Borgogna.

Eva, sognatrice e nuotatrice tra le fronde dell’albero della conoscenza, racchiude nel gesto della mano destra, aperta e posata tra la guancia e la tempia, tutto il fascino e le conseguenze del primo si.
Sarebbe anche potuto essere un no, ma è a lei, ad Eva, che si deve la prima libera scelta. Parte da lì, da un frutto colto nel posto sbagliato, la storia dell’umanità, una storia dura e solitaria in cui la necessità di scegliere non smette di accompagnare ogni passo, dal più insignificante al più grave.

Di questa immensa libertà, l’Eva di Gislebertus assapora il gusto, prima ancora di mordere la mela, esprimendo attraverso lo sguardo e un lievissimo abbassamento della palpebra sinistra l’attimo inebriante e totale della storia.

La distanza dalla sua mano è la distanza che ci ha separato ancora per un attimo dalla caduta nel tempo. Marco Mucha confessa la sua personale debolezza nei confronti di questa Eva che per Jeanne Hersch «sorge da nessun luogo», «era nessun luogo»; mentre tutte «le altre Eve sono colpevoli subito, e solo più tardi vengono cacciate», lei, invece, si offre immediatamente «alla colpa, all’esilio, all’esistenza».

Marco Mucha Eva extra-virgo, da Gislebertus, cm 100x 200, cinque matrici, 2014

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