Le aree interne rischiano di più con la chiusura dei ristoranti

Se anche Federico Valicenti non apre, significa che la situazione nelle aree interne è gravissima e non possiamo rimanere indifferenti con le mani in mano.

Nel mese di aprile – solo nei “ponti” festivi – gli agriturismi e i ristoranti dei piccoli comuni interni hanno avuto in media un mancato introito di 25 mila euro a causa dei provvedimenti di restrizione per la pandemia. Ma adesso che le attività riprendono, gli operatori rinunciano a riaprire i battenti perché – tra maggio e luglio – si prevedono pochissimi clienti e i costi di gestione supererebbero le entrate.

L’articolo apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 20 maggio 2020

C’è, dunque, il fondato rischio che, in questi giorni, molti piccoli imprenditori siano spinti a trasferirsi altrove, in territori più popolosi, per poter sopravvivere. Ma se essi malauguratamente dovessero fare tale scelta, le nostre aree interne morirebbero definitivamente.

Ci vuole, dunque, un intervento straordinario a tamburo battente per scongiurare questa disgrazia, ancor più drammatica del coronavirus. Le Regioni hanno le risorse per poter intervenire. Ci sono i fondi strutturali europei non spesi. La Commissione Ue li ha resi disponibili, senza cofinanziamento, proprio per l’emergenza. E questa è una vera e propria emergenza nazionale.

Senza questo tessuto economico che rende vividi i piccoli comuni della montagna e dell’alta collina, una risorsa preziosa del Paese andrà ad estinguersi. E ad agosto, quando dalle aree metropolitane penseremo di andare in vacanza nelle aree interne, troveremo tutto chiuso. Non ci sarà anima viva. Sulle porte e i cancelli dei ristoranti e degli agriturismi non troveremo nemmeno gli avvisi “trasferito in città”.

Oggi siamo ancora in tempo per scongiurare che lo spettro dell’abbandono si aggiri e aggredisca i nostri paesaggi più cari che tanto ci invidiano nel mondo.

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