Accogliere o demonizzare l’olio dolce?

NestlèL’olio dolce è un’espressione tecnicamente non valida, ma rende bene l’idea. Un tempo gli oli avevano prevalentemente un carattere di dolcezza, una sensazione morbida al palato, l’amaro e il piccante poco evidenti, in molti casi assente. Piaceva il gusto a volte perfino dolciastro, tipico degli oli lampanti o comunque vergini prossimi al lampante. Poi pian piano arrivarono gli oli dal fruttato netto, amari e piccanti. I patiti dell’olio eccellente lo preferiscono solo amaro e piccante, muscolare, possente. Il consumatore, tuttavia, continua a preferirlo dolce, dal gusto poco accentuato. Che fare? Condannare gli amanti dell’olio da olive mature? Io prediligo gli oli dalla personalità netta, perfino dalla sensazione astringente, purché siano eleganti e fini, armonici. Credo in ogni caso nella libertà delle preferenze. Perché impedire a chi ama un gusto meno accentuato, poco o per nulla amaro e piccante, di soddisfare il proprio piacere? Ci vuole tolleranza. Ecco, nella foto che mi ha fornito Massimo Occhinegro, un esempio di differenziazione del gusto, con etichetta che non lascia spazio a equivoci. Sono due bottiglie di olio Nestlè, vendute in Svizzera. L’extra vergine dal gusto fruttato riporta le olive verdi in etichetta; l’extra vergine dal gusto dolce le olive già mature, nella evidente pigmentazione scura del frutto. Io non sarei così drastico, il consumatore va comunque accontentato. E non si tratta certo di un affronto alla qualità. Sui gusti personali non di discute.

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